La mostra “Plastika” è stata allestita tenendo conto di un percorso visivo che passasse dalla scultura e dalla grafica con caratteristiche e materiali più moderni e classici, situati alla sinistra della sala, per poi passare nella parte più contemporanea, la parte destra, incentrata non tanto sulla forma, ma sulla materia, esponendo opere che potessero suscitare, nel visitatore, curiosità sul significato di tale scelta. L’attenzione è stata attirata molto dal così detto “Assalto degli eco-mostri”, sculture venute fuori da soli materiali di riciclo; grandi e piccini guardavano meravigliati come una lattina o un tubo di plastica potessero diventare opere d’arte. Interesse è stato manifestato dalle sculture in poliuretano espanso, come “I nidi” o “Le rane” e lo stupore di molti si soffermava sulla leggerezza e, allo stesso tempo, sulla robustezza di tale materiale. A molti è nata la curiosità di cosa significassero le opere “Infinito”, “Paesaggio”, “Plastica – Plex e colore”, “Plastica 31″, “La Mattanza”, “Tempo diverso – Uguali nei tempi” e dopo un’accurata spiegazione ed un attento ascolto, anche nei visitatori sono nati gli stessi sentimenti e sensazioni dell’autore.
Ma quello che ha attirato di più, sia per la linearità visiva che per la classicità formale, sono state le opere “Dafne”, “Ciccio”, “Io e le mie donne” e “L’amore del Minotauro”, che, se all’apparenza sembrano di facile interpretazione, in realtà nascondono un significato più intimo ed interiore dell’artista, significato che può essere ben diverso da quello che può nascere in colui che osserva.
Il titolo della mostra è stato scelto per racchiudere, in una sola parola, una disciplina, la disciplina plastica, ed il materiale di cui oggi la società non ne può fare a meno.
Roberta La Bua
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